Abbraccia la vita con inesauribile leggerezza

Ananya Sri Ram – U.S.A.

Ananya ITAL  

Ananya, l’autrice dell’articolo, è la direttrice della Scuola di Teosofia di Krotona

Nel corso dei secoli storie e favole sono state utilizzate per insegnarci lezioni sui molteplici aspetti dell’esistenza. La nostra vita spirituale non fa eccezione. Le religioni di tutto il mondo hanno ciascuna la propria versione di un particolare insegnamento, trasmesso attraverso la lente di quella fede. Il concetto di relatività e assolutezza della realtà, o di irreale e reale, è una di queste. Possiamo facilmente dire "tutto è maya", o "conoscere la Via non è la Via", etc., ma se fossimo veramente in grado di comprendere il vivere secondo i ritmi e le leggi della Vita Una, il nostro mondo sarebbe molto diverso. Crediamo di conoscere ciò che è considerato Reale, ma l'illusione che seguiamo - chiamata vita - è così insidiosa che spesso ci ritroviamo intrappolati nelle acque impetuose di un fiume che si dirige verso il mare, lottando per aggrapparci a qualcosa che possa "salvarci".

 Una storia che rivela la natura chimerica della realtà riguarda Narada, il devoto indù, e la sua domanda a Krishna sulla natura di Maya. L’episodio proviene dai Bhagavata Purana ed è molto più lungo della versione che molti ora conoscono. Sfortunatamente, l'intero racconto non può essere narrato nemmeno qui, ma i suoi particolari sono importanti perché la nostra esistenza nel mondo materiale è influenzata dai dettagli e dal nostro attaccamento a essi.

Così viene riportata la storia:  

Narada, mentre conversa con Krishna - un'incarnazione di Vishnu - gli chiede della natura di Maya, o illusione. In alcune versioni si afferma che egli sostenga di non aver mai sperimentato Maya. Krishna allora gli chiede di fare un bagno nel fiume vicino. È lì che il corpo di Narada cambia forma, da maschile a femminile. Come donna, viene vista fare il bagno nel fiume da un principe. I due si innamorano e si sposano. Narada sperimenta ricchezza, potere e, dopo alcuni anni, la gioia di essere madre. Passano gli anni e si verifica un'alluvione. La sicurezza della famiglia è minacciata e Narada cerca di salvare i figli che però, uno dopo l'altro, vengono travolti dall'acqua e annegano. Mentre l'acqua sta per portarsi vis anche Narada, lui si ritrova di nuovo in piedi nell'acqua del fiume con Krishna. È passato poco tempo. Guardando Krishna, egli è sconcertato. Krishna sorride dolcemente e dice: "Questa, Narada, è Maya". 

Il racconto ci mostra quanto rapidamente possa avvenire il cambiamento e quanto velocemente possiamo abituarci a qualcosa. Abbiamo un obiettivo o il desiderio di essere o conoscere qualcosa, e le forze ci portano in una direzione diversa. Come l'acqua che circonda Narada mentre si bagna nel fiume, l'irrealtà della vita ci avvolge. Non sembra che ce ne rendiamo conto finché non veniamo risvegliati da un evento o da un'intuizione importante.

Una volta che questo sconvolgimento avviene, si verifica un cambiamento nella nostra percezione, che modifica il modo in cui percepiamo il tempo. Per molti rallenta e si dilata. Chi ha vissuto la morte di una persona cara ne parla spesso. La vita si ferma per loro. Si perdono nella liminalità a causa del dolore, dello shock, o forse di entrambi. Lo stesso si può sperimentare quando la propria coscienza subisce un cambiamento dimensionale durante la meditazione. Si può avere la sensazione che siano passate ore quando in realtà sono trascorsi solo dieci minuti.

Un altro aspetto di questa storia è quanto tutto fosse reale per Narada in quei pochi istanti. Eppure, lui era semplicemente lì, in piedi, al cospetto di Krishna, un Essere che è al di là del tempo e dello spazio. In un certo senso, Krishna rappresenta il momento presente. Si potrebbe dire che questa storia ci insegna che, sebbene esista un'unica Realtà, ci sono due prospettive su di essa: una è il momento presente e l'altra è la relatività del tempo creata dalle miriadi di momenti, ricordi e pensieri che costituiscono il nostro condizionamento. È a quest’ultimo che il nostro sé personale si aggrappa così disperatamente perché definisce chi pensiamo di essere.  

Sorge spontanea la domanda: potremo mai essere veramente? C'è una citazione da La Dottrina Segreta Vol. 2 che afferma: 

“Il Presente è il figlio del passato; il Futuro, il generato dal Presente. Eppure, oh Momento Presente! Non sai che non hai genitori, né puoi avere un figlio e che stai generando solo te stesso? Prima ancora di aver iniziato a dire: ‘Io sono la progenie del momento trascorso, il figlio del passato’, sei diventato quel passato stesso. Prima ancora di pronunciare l'ultima sillaba, osserva! Tu non sei più il presente, ma in verità quel futuro. Così, il Passato, il Presente e il Futuro sono la trinità eterna in uno: il Mahamaya dell'Assoluto È”.  

Cosa siamo allora? Siamo solo esseri coscienti con un'intelligenza presumibilmente più evoluta che vivono da un momento presente all'altro? È davvero così che dovremmo essere? E se così fosse, cos'è che rende gli esseri umani a volte così insopportabili, al punto che siamo così intrappolati nelle nostre stesse illusioni? Di cosa abbiamo paura, cosa ci impedisce di abbandonare l'illusione?  

Un velo che ci circonda è il tempo. Viviamo come se fossimo nati con un barattolo pieno di un ingrediente chiamato "tempo". Diciamo "Ho solo una certa quantità di tempo", o "Ho bisogno di più tempo", oppure "scambiamo" il tempo con denaro. Ma qualunque cosa facciamo, non saremo mai in grado di acquistare effettivamente tempo, né economicamente né in altro modo. Certo, gli esseri umani hanno creato questo concetto di tempo orario basato sui ritmi e sui cicli della natura, ma non viviamo più le nostre vite secondo schemi naturali. Anzi, cambiamo l'ora per essere "più produttivi" e ci ritroviamo a sentirci male somaticamente per questo. Programmiamo le nostre vite in modo da poter "fare di più", "essere di più" e "avere di più". Alla fine, tutto questo crea più caos nelle nostre vite perché richiede più soldi, più cure e attenzioni e, come avrete indovinato, più tempo.  

E se mollassimo la presa? Siamo disposti anche solo a provare a lasciar andare l'illusione in cui viviamo per cinque minuti al giorno? C'è un esercizio che incoraggio i miei clienti a sperimentare per aiutarli a superare i pensieri riguardo ai titoli professionali che ricoprono, alle scadenze per cui trascurano la loro salute, alla competizione che gli fa perdere il sonno e a tutti gli altri "dovrei", "devo" e "devo fare" che scandiscono le loro vite. Si fa semplicemente ponendosi la domanda: questo ti sta servendo? In altre parole, provi una sensazione di appagamento interiore? Il processo è molto più complesso, ma inizia ponendosi questa domanda. 

Nel suo discorso del 1991, "A Mind to Embrace the Universe” [Una mente per abbracciare l'universo], Adam Warcup sottolinea che manas, o mente, è l'ingrediente cruciale che rende gli esseri umani esseri autocoscienti. Ci permette di riflettere sui nostri pensieri e sulle nostre azioni. Ci consente la capacità di analizzare, ponderare, scegliere e comprendere le nostre connessioni con le scelte che facciamo. Una delle affermazioni più sorprendenti di Warcup è che la mente non è una cosa, ma un processo. Non è un sostantivo. È un verbo. La mente si crea attraverso una serie di istanze, che tendiamo a vedere come un insieme, in un certo senso, e a chiamarle tempo. La vediamo come un continuum anziché come momenti separati, che tutti sappiamo possono cambiare in un nanosecondo, perché lo vediamo accadere ogni giorno.  

Cambiare la nostra percezione della mente come qualcosa di tangibile, formato, non malleabile e cristallizzato ci aiuterebbe a riconoscere il potenziale che abbiamo dentro di noi per trasformare le nostre vite? Se consideriamo la mente come un processo, possiamo vedere che può essere rielaborata modificando uno qualsiasi dei vari passaggi che ci spingono verso un particolare modo di pensare. Lo vediamo nella nostra vita quotidiana. Ad esempio, una persona torna a casa dal lavoro ogni sera, stanca e affamata. L’appetito la fa arrabbiare a causa del basso livello di zucchero nel sangue. A sua volta, litiga con il partner, causando un malessere in famiglia. Un cambiamento in qualsiasi fase del processo può fare la differenza. La persona che torna dal lavoro potrebbe mangiare un frutto o della frutta secca sulla via del ritorno, il che aumenterebbe la sua energia e impedirebbe un calo della glicemia, riducendo così il rischio di arrabbiarsi, tornando così a casa di umore migliore. Il risultato potrebbe cambiare completamente l'intera serata per lei e il suo partner.  

La mente non fa eccezione. Scomporla in momenti di incontri ed esperienze può permetterci di percepire le cose in modo più leggero ma più profondo. Forse non ci aggrapperemmo così strettamente agli eventi che ci circondano, ma vedremmo la natura presente in ogni momento e ci connetteremmo veramente con ciò che sta accadendo in quell'istante. È possibile che un'azione del genere ci porti a rilassarci un po' di più nel momento presente, il che potrebbe cambiare le nostre interazioni con chi ci circonda. Potremmo scoprire che c'è più "spazio mentale" tra i nostri pensieri e le nostre reazioni. A sua volta, le cose tendono a rallentare e proviamo piacere negli eventi che ci circondano. Respiriamo il gioco che si svolge davanti a noi, realizzando di essere Narada, in piedi nel fiume con Krishna.