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Per la serie “La nostra unità”

Vicente Hao Chin Jr. – Filippine

Sull’Unità teosofica

Il tema dell’unità teosofica è complesso. Dobbiamo per prima cosa essere chiari riguardo a quale sia il genere di unità di cui stiamo parlando.
Se stiamo parlando di un’unità organizzativa – ovvero del riunire tutte le organizzazioni teosofiche in una – allora questo appare improbabile, almeno nel futuro più prossimo. Le basi non sono ancora ben poste.
Se si tratta di una collaborazione tra le differenti organizzazioni teosofiche per portare avanti la missione del movimento teosofico, allora questo è assolutamente possibile, tanto quanto desiderabile.

Di seguito espongo alcuni miei pensieri su un tale tentativo:

1.    Per prima cosa, abbiamo bisogno di ribadire l’ovvio: i principi che sottostanno a una tale cooperazione dovrebbero essere gli scopi del movimento teosofico, come affermati dai fondatori, inclusi i Mahatma nelle loro lettere. I punti essenziali di questi scopi non dovrebbero essere troppo difficili da definire, anche se ci potrebbero essere alcune zone d’ombra. I tre scopi della S.T., la vita spirituale, la formazione del carattere, la filantropia teosofica e la diffusione della Teosofia (esempio questo di zona d’ombra) sono semplici esempi di una base per quel genere di lavoro e visione unificati.

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Per la serie “La nostra unità”

Betty Bland – Stati Uniti

L’unità tra i teosofi

Una delle mie ricette preferite, seppur desueta, deriva dalla famiglia di mia madre; è la tradizionale “ciambella del sud”1. La ricetta probabilmente ha avuto origine in tempi in cui le pietanze non erano così sofisticate come quelle di oggi e quindi i suoi ingredienti sono semplici: una libbra di uova, una libbra ciascuno di burro, zucchero e farina. Negli anni la ricetta è stata affinata, ma le proporzioni sono ancora simili a quelle originarie. Questo è un esempio in cui l’intero è decisamente migliore delle sue parti. Dipende da come ciascun ingrediente si fonde con gli altri; se uno di questi manca, il risultato è un disastro.


Ciambella del sud  - Southern Pound Cake

Come teosofi, impegnati nel sommo obiettivo della Fratellanza, siamo simili a quel “pound cake”. Anche se le nostre tristi divisioni e disaccordi hanno fatto di noi ingredienti differenti, tali ingredienti sono tuttavia essenziali per il dolce teosofico d’insieme. Se qualcuno dei nostri gruppi, impegnati in quella visione teosofica del mondo delineata da Madame Blavatsky, escludesse il resto, screditerebbe il risultato, il nostro fine ultimo, ovvero l’innalzamento dell’umanità, che va liberata dalle superstizioni religiose e dal materialismo scientifico, per una crescita pacifica e armoniosa.

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Editoriale

Jan Nicolaas Kind – Brasile

Molte lune fa, deve essere stata l’estate del 1968 quando vivevo ancora ad Amsterdam che, per la prima volta nella mia vita, mi fu detto che esisteva qualcosa come la teosofia. Colui che fu tanto buono da aprirmi tale porta fu un anziano e ben conosciuto musicista ebraico, scampato miracolosamente agli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Mi affascinava sentirlo parlare delle leggi di causa ed effetto, di karma, reincarnazione, dei mondi visibili e invisibili, di tolleranza e compassione, della libertà di pensiero e di come la musica crei delle energie che influenzano la mente delle persone ed il loro ambiente circostante.

Ricordo vivamente le nostre passeggiate in un parco della capitale dell’Olanda. Quando ci sedevamo su una panchina cominciava sempre a raccontarmi della sua lunga ed interessante vita come violinista e direttore d’orchestra, degli artisti e compositori che aveva incontrato, dei suoi anni a Parigi, degli amori della sua vita – e della teosofia.

A quei tempi, erano i colorati e vibranti Anni Sessanta, avevo la testa piena di Jim Morrison, Jimi Hendrix e degli Iron Butterfly. Ero certo che stavo per cambiare il mondo. Bob Dylan era il mio eroe, la guerra in Vietnam era una cosa orribile, Woodstock era ancora da venire e la sera sedevo con alcuni miei amici studenti cercando di comprendere quel che Jean Paul Sartre intendeva quando scriveva che gli esseri umani sono condannati ad essere liberi. Oltre a tutto ciò, questo anziano uomo mi parlava di Teosofia.
Non cosciente dell’esistenza di qualcosa come la Società Teosofica, ma incuriosito dai suoi molti racconti, un giorno gli chiesi se aveva mai fatto parte di un gruppo o circolo di persone interessate alla Teosofia. La sua risposta fu significativa; egli non aveva mai considerato l’idea di associarsi ad una Società Teosofica perché per quanto lo riguardava la Teosofia era meravigliosa, era stata un faro per tutta la sua vita, e lo aveva aiutato a superare gli anni della guerra, ma bisognava fare attenzione, con i Teosofi. Quando gli chiesi perché bisognava essere cauti nell’avere a che fare con loro, disse che nel loro primo scopo era inclusa la fratellanza, ma che c’era così tanta disarmonia tra essi che, in quanto violinista di formazione classica, non poteva partecipare a quella che egli definiva “la cacofonia di Karlheinz Stockhausen” (Stockhausen era un controverso compositore tedesco moderno, conosciuto perché usava una tecnica a dodici toni, che spesso aggrediva le orecchie degli ascoltatori).

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La leadership teosofica

Introduzione:

Jan Nicolaas Kind – Brasile

“Poiché il tempo e il mondo non stanno fermi. Il cambiamento è la legge della vita e coloro che guardano solo al passato o al presente sono certi di perdere il futuro”.


- John F. Kennedy


Nel 2008 i membri della Società Teosofica di Adyar hanno democraticamente eletto il loro Presidente Internazionale. Si è trattato però di un’elezione controversa della quale, ad oggi, si patiscono ancora gli strascichi. Non abbiamo intenzione di riaprire ora vecchie ferite o di iniziare l’ennesima serie di battibecchi: al contrario. Tuttavia ogni organizzazione che abbia rispetto di sé, e quindi anche la S.T. di Adyar, dovrebbe avere il coraggio di esaminare determinati eventi in maniera retrospettiva traendone insegnamenti, così che in futuro non si ripetano errori già commessi.

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